Mese: Ottobre 2021

Persefone e la forza di tornare agli abissi

Ottobre. L’anno si volge lentamente alla notte. Dopo lunghe settimane d’estate, l’arsura nelle infinite giornate di sole, sulle colline e sui prati si deposita un primo sottile strato di nebbia. I campi sono nudi, pronti per la semina invernale, stanche foglie pennate di acacia e tremanti foglie di acero pendono dai rami.

Piccole drupe tonde brillano come per magia dalle siepi. I frutti di prugnolo, rosa canina, biancospino, corniolo sono tutti commestibili, medicinali, la polpa nasce durante l’intessere estivo tra terra, luce e pioggia: il processo di creazione e trasformazione della natura non termina mai e porta pane a sufficienza per tutti noi alla fine dell’estate.

Semi, nocciole e noci sono ora dei bei concentrati, duri come minerali e di varie forme: minuscoli acheni della famiglia delle Lamiaceae, a forma di goccia le nocciole, le noci simili agli emisferi del cervello. Sono il cuore del frutto maturo, l’ultima cosa che la pianta crea alla fine del semestre solare, grassi e oli saziano uomini e animali.

Fuori, la natura si sta quietando, si tingono le chiome degli alberi mentre i contorni del paesaggio perdono nitidezza sotto la pioggia autunnale. Una forza misteriosa appesantisce i semi, le foglie, tutta la pianta, la luce del primo mattino è fioca, i raggi del sole cadono obliqui sulla terra bruna.

Il nostro animo si incupisce, cerchiamo protezione nella casa calda, cercando di dare un senso, un significato alla stagione che viene. Possiamo trovarlo nei miti, nei racconti degli antichi come nell’immagine di Persefone. Dopo migliaia di anni, ancora le parole di Omero ci guidano a una comprensione più profonda del mondo, della natura e dell’anima umana.

Autunno, è dunque giunto il momento che Persefone torni negli oscuri abissi? Persefone, che nella lunga estate gioca con le onde dell’oceano, trasforma le foreste in tappeti verdeggianti, dona alle conchiglie il loro interno, al latte la sua forza e alle piante il loro potere curativo.

Laddove Persefone posa i piedi al suo ritorno dagli inferi, dal suolo spuntano violette profumate e viola scuro. Il corso dell’anno compie una svolta, in primavera la forza della vita riempirà gli esseri sulla terra e scorrerà come sangue caldo nei nostri corpi. Solo in autunno lascerà il mondo visibile, e la materia lascerà posto alla trasformazione invisibile di anima e spirito.

Vorrei lodare questi processi, inchinarmi alla natura e alla saggezza del Creatore. In autunno voglio indossare l’abito del mendicante, del monaco, dell’eremita, concentrarmi sul vero e sull’essenziale. È importante compiere un altro passo nella ruota dell’anno, per tornare alla visione interiore, cristallina, in inverno.

Come un pulito lago di montagna, come una baia tranquilla, come pura acqua di sorgente, chiarezza e calma ci aspettano nel grembo dell’inverno. Il destino, ignoto e benigno, vuole rivelarsi nell’interiorità, qui ci aspettano i misteri di guarigione!

Fiducia! Ogni pianta, ogni erba, solchi autunnali e semi addormentati, tutti noi cerchiamo momenti di lentezza e introspezione in autunno.  Nel trambusto della vita quotidiana seguiamo la via verso le forze cristalline della chiarezza interiore.

L’anno discendente diventa un quieto, arcaico cammino nella notte stellata della terra.

Oktober. Langsam wendet sich das Jahr der Nacht zu. Nach langen Sommerwochen, der Hitze, Trockenheit, den endlosen Sonnentagen, legt sich ein erstes dünnes Nebelkleid auf Hügel und Wiesen. Nackt, bereit für die Winteraussaat die Felder, müde hängen gefiederte Akazienblätter, bebende Ahornblätter an den Zweigen.

Aus den Hecken leuchten wie ein Zauber Beeren und Butten. Die Früchte von Schlehen, Hundsrose, Weißdorn, Kornelkirsche sind allesamt essbar, medizinisch, das Fruchtfleisch entsteht während des sommerlangen Webens von Erde, Licht und Sommerregen: der Schöpfungs- und Verwandlungsprozess in der Natur endet nie, bringt an jedem Sommerende genügend Brot für alle.

Samen, Kerne, Nüsse bilden pflanzliche Konzentrate, mineralisch hart und mannigfaltig geformt: die harten Schließfrüchte der Lippenblütler, tropfenförmige Haselnüsse, Walnüsse wie Gehirnhälften. Sie sind das Innerste der reifen Frucht, das Allerletzte, das die Pflanze am Ende des Sonnenhalbjahrs erschaffen hat. Nährende Fette und Öle verleihen Geschmack und machen uns Menschen und die Tiere satt und gesund.

Die Natur begibt sich nun äußerlich zur Ruhe, Baumkronen leuchten bunt, die Konturen in der Landschaft verschwimmen immer mehr im Herbstregen. Eine geheimnisvolle Kraft lässt Samen, Blatt, die ganze Pflanze schwer werden, das Licht am frühen Morgen wird fahl, schräg fallen Sonnenstrahlen auf die braune Erde.

Ernstgestimmt suchen wir Schutz im warmen Haus, versuchen, das Geschehen der Jahreszeit nach seiner Bedeutung zu ergründen. Dabei mögen wir auf erhellende, uralte Erzählungen und Mythen treffen, zum Beispiel auf die sinnbildliche Geschichte der Persephone. Nach Jahrtausenden erklingen die Worte Homers und schwingen uns ein in ein ganzheitlicheres Verständnis der Welt, der Natur und der menschlichen Seele.

Es ist Zeit für die Jungfrau, in die Tiefe zu gehen? Persephone, die im langen Sommer mit Meereswellen spielt, die Landschaft zum Ergrünen und Blühen bringt, die den Muscheln ihr Inneres, der Milch ihre Kraft und den Pflanzen ihre Heilkraft verleiht? Wo Persephone nach dem langen Winter ihre Schritte setzt bei ihrer Rückkehr aus der Unterwelt, spießen duftende, dunkelviolette Veilchen aus dem Erdboden empor. Ein neuer Jahreslauf setzt ein, Lebenskraft erfüllt aufs Neue Sein und Werden. Wie warmes Blut fließt sie durch unsere Körper – und auch durch Pflanzen und Tiere. Erst im Herbst verlässt sie die sichtbaren Dinge, und aus dem kraftvoll Physischen kann unsichtbar Seelisches und Geistiges entstehen.

Diese Vorgänge möchte ich preisen, mich vor der Natur verbeugen und der Weisheit des Schöpfers. Ich will im Herbst anlegen das Kleid des Bettlers, des Mönchs, des Eremiten, mich auf Wahrhaftes und Essenzielles konzentrieren. Es gilt, einen neuen Weg im Jahresrad zu beschreiten, zurückkehren zu der kristallklaren, inneren Sicht im Winter.

Wie ein sauberer Bergsee, wie eine stille Meeresbucht, wie perlendes Quellwasser warten Klarheit und Ruhe im Winterschoss auf uns. Hilfreiche Schicksalsmächte wollen sich an diesem inneren Brunnen offenbaren, hier kommen uns Mysterien der Heilung entgegen! Vertrau! Jede Pflanze, jedes Kraut, herbstliche Erdfurchen und schlafende Samen, wir legen uns alle zur Ruhe im Herbst, schauen im Trubel des Alltags auf unser Inneres, folgen dem Weg zur ordnenden Kristallkraft.

Das absteigende Jahr wird zum leisen, uralten Gang in die Sternennacht der Erde.

Luminoso SALICE, albero medicinale dei paesaggi fluviali (Salix alba L.)

Poiché io farò scorrere acqua sulla steppa,

torrenti su un terreno arido.

Spanderò il mio spirito sulla tua discendenza,

la mia benedizione sui tuoi posteri,

cresceranno come erba in mezzo all’acqua,

come salici lungo acque correnti.

(Isaia 44,3-4)

Osservazione della pianta nel paesaggio

 Prima estate, le foreste, le siepi, i campi e i prati risplendono di verde. Nel fondovalle una lunga collana argentea accompagna il Potenza, fiume che nasce nell’Appennino umbro marchigiano. Laddove sorgevano grandi laghi, nel letto sassoso del fiume e lungo le sponde affondano le radici salici, pioppi e sambuchi. Tappeti di menta aquatica, salcerella, nasturzio e petasite formano foglie variopinte, aromatiche e fiori odorosi. Sul ciglio si innalzano candide angeliche selvatiche e fiori d’epilobio, dal bel rosa porpora.

Si muovono nel vento i rami del salice bianco (Salix alba L., famiglia delle Salicaceae), ben saldo nell’umida terra bruna. Porta acqua ricca di ossigeno verso l’alto, fino nei rami flessuosi dove incontra il sole primaverile e apre fiori profumati, offrendo polline e nettare come nutrimento prezioso al mondo degli insetti dopo un lungo inverno. Solo ora, a fiori aperti, nascono le foglie che ricordano piccole falci di luna argentate.

Salix alba L. in Appennino, ph. K. Mecozzi

In tutto il mondo il salice è consacrato a delle divinità, dal Sudamerica alla Scandinavia, dalla Grecia alla Mongolia. Nella mitologia classica troviamo il salice sacro a Demetra, madredea della terra feconda, e Persefone, triste regina dell’oltretomba. Madre e figlia, sono riunite nell’appassionante mito di Omero, in cui il respiro delle stagioni, l’avvicendarsi di luce e ombra è la cornice delle vicende degli dei dell’Antica Grecia.

Nei miti nordici, nei salici si venerano Birgitta, dea della luce, ma anche Morrigan, dea della morte. Con flauti di legno di salice i Celti davano voce agli spiriti dei defunti, e con le fronde legate a covoni, poi incendiati, allontanava l’oscurità dell’inverno e i suoi demoni.

Il salice segna dunque, nel paesaggio e nella sua simbologia, una soglia tra buio e luce, tra terra/acqua e luce/calore, tra fiumi e laghi e terra ferma. Ne parlano filastrocche e formule magiche invocate nei riti delle civiltà indoeuropee e precedenti[1]. Interessante è l’uso delle foglie e degli amenti per contenere la libido, troviamo ricette di decotti nei testi dei medici erboristi fino ad arrivare al nostro Mattioli. Salix diventa una pianta sacra alla Vergine Maria, e viene piantato nei giardini monastici.

L’albero in botanica

Salix alba, albero caducifoglio della famiglia delle Salicaceae, a crescita rapida, sovente pollonifero, raggiunge 25 m di altezza. La corteccia è grigia e liscia, poi reticolata, i rami flessuosi e le foglie alterne, lanceolate, seghettate, portano minuscole ghiandole nettarifere sui margini. La parte superiore della foglia è verdi lucida e glabra, l’inferiore bianca e tomentosa.

La pianta è dioica, forma fiori maschili, lunghi e profumati amenti gialli, e fiori femminili più esili e verdi. L’impollinazione avviene attraverso il vento e gli insetti bottinatori, tra cui l’ape selvatica, l’ape domestica e il bombo. Dai frutti maturano semi cotonosi, muniti di pappi.

Sponde, alvei fluviali, boschi umidi, aree lacustri sono gli habitat d’elezione delle diverse specie di salice (30 spontanee in Italia). Coltivati tradizionalmente per il legno e i rami con cui si legano le viti e si intrecciano cesti e staccionate – i Celti costruivano le pareti delle capanne con rami e fronde e terra e argilla – i salici si possono riprodurre facilmente piantando direttamente in terra dei giovani rami. Il legno è un buon combustibile, viene usato per la cellulosa e la fabbricazione di imballaggi e utensili. Dalla corteccia si ottiene una concia per le pelli e un colorante giallo per tingere tessuti.

Ambiente fluviale, alberi tra acqua e luce. Fiume Metauro (PU), ph. Karin Mecozzi

“ Ubi morbus ibi rimedium” – Salix alba nella cura dell’uomo

Il salice da l’immagine di una pianta “con i piedi perennemente in ammollo”, cresce rigoglioso, con i suoi rami flessibili e leggeri, le foglie argentate e i fiori bianchi e dorati. Il rapporto dell’albero con acqua, terra, aria e luce, ben noto alla medicina tradizionale, lo rende un rimedio che raffredda e lenisce, contiene e concentra, mette in moto i fluidi, sudore, urina, sangue. L’estratto di corteccia, dal decotto alla soluzione idroalcolica, è indicato innanzitutto come ottimo febbrifugo, antidolorifico e antireumatico. Trova impiego nell’influenza stagionale, nel raffreddore, nelle cefalee di vario genere, nei dolori muscolari e articolari, anche esternamente come frizioni e bagni nella fibromialgia.

La droga in erboristeria è costituita dalla corteccia dei giovani rami (Salici cortex), dagli amenti maschili, dalle foglie fresche ed essiccate, dalla linfa. Le principali sostanze contenute, prevalentemente nella corteccia, sono: glicoside salicilico (salicina), acido salicilico, acido caffeico, flavonoidi, tannini, gomme, cere, resine.

Per applicazioni esterne possiamo raccogliere foglie di salice da aprile a settembre, per tisane e decotti la corteccia in primavera. Il carbone del legno di salice è un ottimo disinfettante assorbente, usato tradizionalmente in veterinaria, nelle intossicazioni e nelle diarree.  Può essere aggiunto al dentifricio, non è abrasivo.

Nelle malattie invernali, il salice è di grande aiuto per le proprietà sudorifere, diuretiche, tonificanti e rilassanti. L’estratto viene inserito tradizionalmente nei composti per curare stati d’animo di tensione, ansia, angoscia, che caratterizzano anche i disturbi stagionali e riguardano la sfera del ritmo e neuro-sensoriale.

Può risultare irritante per le mucose dello stomaco, tuttavia, se assunto in grandi quantità. Ciò avviene in misura molto minore del prodotto di sintesi, l’acido acetilsalicilico, noto anche come aspirina.

Nel nostro organismo la salicina del salice si trasforma in saligenina e in acido salicilico e può causare reazioni allergiche a chi è predisposto. Particolare attenzione deve essere presa anche da chi soffre di ulcera gastrica e sindrome di Gilbert. In dosi contenute gli estratti di Salix alba sono generalmente ben tollerati. Interessante è che non fluidificano il sangue[2] come l’acido acetilsalicilico e possono essere usati anche dopo operazioni e in terapia anticoagulante (solo sotto stretto controllo medico!).

Il salice è una potente pianta medicinale e come rimedio va sempre preparato, dosato e consigliato da un esperto erborista, farmacista e medico esperto in fitoterapia. La corteccia sfusa, meglio intera piuttosto che in polvere, acquistata in commercio non deve superare due anni dal raccolto.

In “Piante medicinali” Wilhelm Pelikan[3] ci dona un’immagine meravigliosa dell’albero in eterna tensione tra morte e vita, tra l’oscurità della terra e l’umidità dell’acqua in cui ama vivere e il fuoco. Il calore, il fuoco si manifestano nella profumata e precoce fioritura dei salici in generale, nelle ghiandole nettarifere collocate sulle foglie (!) e nel rapporto con il mondo di api e insetti.

Nel rimedio “Digestodoron” la farmacopea antroposofica offre una soluzione benefica (anche in compresse) che sostiene i processi digestivi nel loro ritmo, tonificando stomaco e intestino. Può accompagnare la terapia nelle malattie croniche del sistema motorio, del fegato e del sangue.

Tisana di salice bianco:

Alcune indicazioni*: raffreddore e febbre, cefalea da cambio di stagione, nella sindrome premestruale, coadiuvante nel trattamento delle malattie esantematiche dei bimbi, dei disturbi della pelle, esternamente per lavaggi e spugnature per curare ferite, cicatrici, foruncoli, micosi.

Alla sera metti a bagno 5 g di corteccia di salice bianco ben contusa in 300 ml di acqua fredda. Alla mattina porta ad ebollizione, lascia sobbollire lentamente per 5 minuti e filtra dopo un’ulteriore infusione di 10 minuti. Bevi a tazzine lontana dai pasti, anche fredda.

Se risultasse irritante per lo stomaco usa un “macerato freddo”, porta il tempo di infusione fredda ad almeno 12 ore, poi riscalda (non oltre 45°C) e filtra.

*le indicazioni sono generiche, per curarti con estratti di piante medicinali, sia in acuto, sia nei disturbi cronici, consulta un professionista.

Autrice: Karin Mecozzi, erborista diplomata all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, formazione in, osservazione goetheanistica della natura, agricoltura biodinamica, naturopatia antroposofica. Raccoglitrice e coltivatrice, insegna erboristeria in corsi e seminari. Pubblica articoli in italiano, tedesco e inglese. Autrice di “Ars herbaria, piante medicinali nel respiro dell’anno” e “Verde resilienza, erboristeria pratica nel cambiamento” (Natura e Cultura Editrice), “Ars herbaria, Heilpflanzen im Jahreslauf” (Verlag am Goetheanum). Per contatti: karin.mecozzi@gmail.com – www.karinmecozzi.com


[1] Pflanzen der Kelten, W.D. Storl, AT Verlag, 2015

[2] Praxis Heilpflanzenkunde, Bühring Ursel et al., 2016, Thieme Verlag

[3] Piante medicinali, Volume II, Wilhelm Pelikan,, Editrice Natura e Cultura, Savona.