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Calendario erboristico dell’Avvento 2024

Il Calendario dell’Avvento erboristico, un’idea per avvicinarti al mondo delle piante medicinali insieme all’erborista. Pubblicherò brevissimi “quadretti dell’Avvento” che ti guidano verso una pianta, un aroma, un estratto particolare, con appunti, notizie botaniche, riflessioni, alchimie e preparazioni nel ritmo del mese. Per giungere al Santo Natale con il cuore pieno di erbe! ……………….partiamo!

Giovedì 5 dicembre 2024 TAGETE (Tagetes spp.)

Il tagete fa parte della grande famiglia delle Asteraceae ed è originario del Messico. Le 50 specie diffuse in tutto il mondo vengono usate come piante ornamentali, medicinali e aromatiche. Il nome botanico deriva da “Tages”, la divinità etrusca che apparve ad un agricoltore uscendo da una zolla di terra. Egli insegnava l’arte dell’aruspicina, l’esame del fegato (!) e delle viscere a scopo oracolare. La pianta ha foglie lucide e pennate dall’odore aromatico e fiori a capolino. Coltivata nell’orto, tra le file di verdure, allontana i nematodi e può essere usata in tisana concentrata come antifungino e contro l’oidio. I fiori sono ricchi di luteina, un carotenoide utilizzato in cosmesi e per tingere di giallo i tessuti naturali. La luteina è preziosa per la vista, esalta l’acutezza visiva diurna e protegge contro l’abbagliamento delle luci notturne migliorando l’adattamento al buio. Per sostenere la tua forza visiva prepara un infuso a bassa temperatura (scalda l’acqua non oltre 70 gradi) con la miscela dei seguenti fiori essiccati: Tagetes patula, Helichrysum italicum, Cyanus segetum, Calendula officinalis, lascia in infusione per 20 minuti e filtra. L’infuso ha inoltre effetti benefici sulla nostra ghiandola più grande, il fegato, che nella medicina tradizionale è collegato alla vista.

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Mercoledì 4 dicembre 2024 BERGAMOTTO (Citrus × bergamia)

Dai frutti immaturi dell’albero di bergamotto (Citrus x bergamia (Risso) Risso & Poit., Fam. Rutaceae) si ottiene un olio essenziale color verde smeraldo. È un’essenza leggera, solare e frizzante, molto amata in profumeria e aromaterapia: in casa, in inverno, si usa nel diffusore per creare un’atmosfera “estiva”, ricolma di luce e aria, come le giornate limpide di giugno. È ben nota la sua efficacia nelle depressioni e nelle tossicodipendenze. In combinazione con tecniche di concentrazione e rilassamento e della buona tintura di Avena sativa, il bergamotto è un ottimo aiuto per chi cerca di abbandonare il vizio del fumo! Si diluiscono 40 gocce di olio essenziale di bergamotto in 20 ml di olio di mandorle e si versano in un flaconcino roll-on. Si applica più volte al giorno sul polso e sul palmo della mano massaggiando in senso orario. L’olio essenziale viene assorbito attraverso la pelle e fa il suo effetto nella disassuefazione, mentre la parte che evapora aiuta a regolarizzare il sistema nervoso e allenta lo stato di tensione. L’unico avvertimento è di non usare l’olio essenziale di bergamotto sulla pelle se ci si espone alla luce diretta del sole perché è fotosensibilizzante.

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Martedì 3 dicembre 2024 PRUGNOLO (Prunus spinosa L.)

Prunus spinosa è il nome latino dell’arbusto del prugnolo, appartiene alla famiglia delle Rosaceae. Raccogliendo i frutti, drupe tonde e azzurre, prestiamo attenzione alle lunghe spine. Negli Appennini i prugnoli creano siepi inespugnabili, fitte barriere naturali create ai tempi delle transumanze. L’arbusto cresce lentamente e forma un legno resistente, in passato utilizzato per la sua durevolezza. A fine inverno è tra i primi a fiorire, le siepi fiorite, viste da lontano, paiono nuvole bianche nel paesaggio. I fiori hanno proprietà leggermente lassative e diuretiche. L’oleolito dei fiori, un estratto delicato in olio di mandorle, è un buon rimedio per la stitichezza dei bimbi, si massaggia sul pancino in senso orario mattina e sera. Le drupe blu dalla polpa aspra contengono polifenoli, flavonoidi e antociani e sono una risorsa se ami sostenerti in inverno con metodi naturali. Per estrarli prepara lo sciroppo di prugnolo ricostituente e antiossidante. Raccoglie le drupe dopo le prime gelate, metti a macerare per 24 ore in acqua di sorgente fredda, porta ad ebollizione e filtra. Aggiungi zucchero di canna bio (io uso solo il 50% e consumo velocemente la bottiglietta aperta) e spezie a piacere come la vaniglia, la scorza di limone o arancia, cannella o chiodi di garofano. Dopo qualche ora di infusione filtra ancora e imbottiglia lo sciroppo, sterilizza le bottigliette che si mantengono almeno un anno. Assaggialo nelle tisane, diluito con acqua calda e zenzero, versato sopra i budini, le creme e i dolci, ha un sapore pieno, fruttato e genuino.

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Lunedì 2 dicembre 2024 ANGELICA ARCANGELICA (Angelica archangelica L.)

La regina dei boschi si innalza fiera sul fusto purpureo e forma foglie triangolari e grandi fiori ad ombrella. E’ intrisa di oli essenziali, nutre insetti, ama la frescura e l’umidità della montagna. Secondo la leggenda fu portata sulla terra dagli angeli per sconfiggere la peste. Nel medioevo i monaci estraevano la radice profumata nel vino e nella grappa: lo “Chartreuse”, un noto digestivo proveniente proprio da Chartres, e il benefico composto “Spirito di melissa” contengono l’angelica. La pianta nel paesaggio illumina il buio, supera le forze terrestri. Il suo portamento esprime ordine, equilibrio. L’intera pianta ha proprietà carminative, antispastiche, riporta ordine nella zona addominale e pelvica, è vermifuga e immunostimolante. La radice è utile nell’influenza quando colpisce la sfera del capo e della pancia. Le proprietà dell’angelica si assorbono anche attraverso la pelle: si aggiungono 3 cucchiai di tintura madre e 5 gocce di olio essenziale di limone all’acqua del bagno per liberare la mente, rasserenare l’animo e rafforzare le difese naturali.

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Domenica 1 dicembre 2024 Il PUNGITOPO (Ruscus aculeatus L.., Fam. Asparagaceae)

Passeggiando per i boschi di latifoglie a fine novembre, inizio dicembre si notano bene: grandi e folti cespi color verde brillante come delle “isole” nel sottobosco: il rusco o pungitopo è una pianta perenne dai fusti eretti e minuscole foglie squamiformi. I fusti secondari hanno l’aspetto di foglie e si chiamano clatodi. Le rosse bacche formano sfere che si vedono da lontano nel bosco invernale. Sono tossiche! Il pungitopo ama i terreni temperati, calcarei. Un tempo si raccoglievano grandi fasci per fabbricare le scope e mazzi di piante con frutti per decorare le case nell’Avvento. Fai attenzione, la raccolta ad uso decorativo è vietata in molte regioni. La droga in erboristeria è costituita dal rizoma odoroso che contiene ruscogenine, resine e oli eterici, calcio e potassio. Estratto sapientemente, il pungitopo giova alla circolazione venosa degli arti inferiori e lenisce le emorroidi sotto forma di gel o pomata. Il pungitopo, infatti, è un’antica pianta officinale della tradizione mediterranea: Dioscoride, noto farmacista greco, lo menziona come rimedio per la gotta e come diuretico. Nella simbologia alchemica il pungitopo è governato da Marte e Saturno per le segnature di Fuoco e Terra. E’ una pianta ctonica, dove cresce potrebbe nascondersi un ingresso segreto al regno di Ade……

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Testi e foto (se non indicato diversamente): Karin Mecozzi Erborista. Disegni botanici dal web (Wikipedia). Nota: consigliati con l’erborista, il farmacista o il medico fitoterapeuta se vuoi usare le piante descritte a scopo terapeutico.

Nutrire la pelle con gli estratti di erbe & paesaggio

La natura fa grandi cose.

Come erborista raccoglitrice e coltivatrice, quasi non riesci a stare dietro all’abbondanza e la diversità di erbe, piante e aromi che la natura offre annualmente. Oltre a essere grata sento che è sempre più importante condividere i frutti, progetti e sperimentazioni, nonché l’arte erboristica per le comunità con la conoscenza necessaria in erboristeria e fitoterapia. Nel 2024 sono riuscita finalmente a completare un progetto a cui tenevo molto, la creazione delle Creme La Protettiva per il viso e La Vellutante per le mani con estratti di piante medicinali e aromatiche degli Appennini. In collaborazione con il laboratorio locale Evo.Co (MC) cosmetico abbiamo ottenuto formule delicate e ricche di principi attivi genuini, nutrienti e naturali. La Crema viso non contiene profumi per dare sempre meno spazio a fastidiose reazioni allergiche, si stende e si assorbe facilmente ed è adatta per il giorno e la notte. La crema mani sprigiona la fragranza delle erbe estive, tra cui il nostro elicriso spontaneo, la lavanda e oli preziosi che vanno in profondità per restituire tonicità e morbidezza alle mani.

E’ l’inizio di un bel percorso per me e tengo a condividerlo da subito: il primo lotto di creme è volutamente piccolino per avere i vostri feedback sui prodotti. Si assorbono bene? Nutrono? Soprattutto, notate come in pochi giorni di applicazione mani e viso, collo e decolletè assumono un aspetto vellutato e curato? In inverno il nutrimento della pelle è importante!

Per informazioni sulle Creme e altre preparazioni con le erbe dell’anno scrivetemi per mail: -> karin.mecozzi@gmail.com

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Grazie sempre!

Karin

L’olivo è come l’uomo

Secondo la tradizione, un olivo è come l’uomo: “Otto anni per diventare un alberello, trent’anni per completare la crescita e altri settanta per esprimere tutta la sua potenza!”

Tra le piante arboree fruttifere, l’olivo (Olea europea L.) conferisce un’impronta particolare ai paesaggi della penisola italiana, dalla Liguria alla Sicilia, dal lago di Garda alla Puglia. All’osservatore, l’immagine degli uliveti, degli alberi dalle chiome argentate mosse dal vento, trasmette pace e un senso per le cose eterne. Nei miti dei tempi antichi l’axis mundi, il pilastro del mondo, è rappresentato da un albero che unisce i tre piani della creazione, il cielo, la terra e gli inferi, e sorregge la volta celeste. Sotto la sua chioma sempreverde si incontrano le divinità per decidere le sorti del mondo. Per gli antichi popoli germanici, quell’albero era il frassino, l’Yggdrasil. Nella cultura islamica, invece, l’asse del mondo era costituita dall’olivo come portatore di luce e saggezza.

Entrambi gli alberi, il nordico frassino e l’olivo delle terre del sud, fanno parte della famiglia delle Oleaceae, a cui appartengono anche il ligustro, la forsizia, la fillirea, il lillà e il gelsomino. L’olivo segue dunque l’uomo dalla notte dei tempi. Proviene dall’Asia minore ed è coltivato in tutto il bacino mediterraneo. Predilige terreni calcarei, un clima mite senza grandi sbalzi. Teme le temperature inferiori ai -5°C, ama l’esposizione al sole e si accontenta anche di terreni sassosi e poveri.

L’albero nel corso dell’anno

Propagato soprattutto per via vegetativa, l’olivo si moltiplica sia per talea, sia da innesto su olivastro o oleastro, le specie selvatiche e spinose della macchia mediterranea. Il fusto giovane è eretto e liscio, ma col tempo si incurva e forma incrinature e nodi diventando grigio scuro, quasi nero. Laddove l’olivo lignifica, si esprime l’azione dell’indurimento e della mineralizzazione, ma la pianta esprime anche di essere perennemente permeata da impulsi vitali: dal tronco e dalle radici e dai rami spuntano annualmente giovani getti e polloni ad assicurare la sopravvivenza dell’albero. La pagina superiore delle foglie oblungo-lanceolate e opposte è verde scura e quella inferiore argentata. I fiori, le cosiddette mignole, compaiono in primavera. Osservandoli da vicino ricordano quelli del ligustro, della stessa famiglia. I fiori d’olivo non hanno quasi nettare, e la fecondazione è anemofila.

Da ottobre in poi maturano le olive, drupe nere e carnose. Vengono raccolte a mano o con mezzi meccanici e portate al frantoio per spremere il prezioso olio alimentare. Dai frutti perfettamente maturi e privi di lesioni si ottiene l’olio “extravergine” (acidità inferiore al 0,8%). Il colore dell’olio varia dal giallo oro al verde intenso e dipende dalla presenza o di carotene o di clorofilla. Le olive contengono acqua (50%), grassi (18-25%), proteine (1,6%) e carboidrati e cellulosa (20%). La parte grassa è composta da una frazione saponificabile del 98% (trigliceridi, digliceridi) e insaponificabile del 2% (acido oleico, linoleico e altri acidi grassi, fitosteroli, provitamina A, polifenoli e flavonoidi, squalene, terpeni).

L’olio di oliva contiene dunque molti grassi insaturi, è facilmente digeribile e adatto alla cottura, è di ottimo gusto e ricco di preziose sostanze. Ogni regione produce un olio d’oliva diverso, dal sapore delicato della Liguria, all’aroma fruttato della Toscana, al gusto pieno e solare della Calabria. Si spremono olive anche in Veneto, intorno al Lago di Garda, e in Trentino.

Secondo Wilhelm Pelikan, nell’olivo le più ancestrali forze di terra si sacrificano a favore dell’azione della luce e del calore. Quel che è duro, minerale e senza vita diventa fluido, si trasforma in nutrimento. L’albero accoglie forze eteriche dall’aria e dal sole, dal cosmo e dalle stelle per concentrarle e convogliarle nel liquido denso e dorato dell’olio, che possiamo adoperare ogni giorno con grande beneficio nell’alimentazione e nella cura del corpo.

L’olivo come pianta officinale

Dall’olivo non si estrae solo uno degli oli alimentari più pregiati del mondo. Nella storia l’uomo ha sempre utilizzato anche le foglie, la corteccia e perfino la radice per curare se stesso e gli animali domestici.

Foglie di olivo (Oleae europeae foliae)

Le foglie sempreverdi possono essere raccolte tutto l’anno. Ricche di sostanze amare (oleuropeina), iridoidi, flavonoidi e chinoni hanno un’azione comprovata sull’ipertensione e l’ipercolesterolemia, favoriscono la diuresi, sono antimicrobiche, antifungine, antiossidanti.

Un uso ormai dimenticato nelle affezioni influenzali è l’infuso delle foglie d’olivo (10 g in 100 ml di acqua bollente, a infusione lunga, 3 volte al giorno).

Dalle foglie si ottengono anche l’estratto secco, la tintura alcolica e il gemmoderivato. Queste preparazioni sono consigliate per abbassare la pressione sanguigna e la glicemia, prevenire malattie vascolari e migliorare l’assorbimento delle sostanze nutrienti. Tra i Fiori di Bach, “Olive”, il rimedio floreale ottenuto dai fiori di olivo, sostiene le persone in preda a un grave esaurimento psico-fisico.

La polvere di foglie d’olivo è un ingrediente di una polvere insettifuga e inodore per cani e gatti, per tenere pulita la cuccia e rendere lucido il pelo.

Olio d’oliva extravergine

“L’olio d’oliva e, nella sua varietà più comune e neutra, è moderatamente caldo e umido e tuttavia può divenire caldo e secco, freddo, mordace, astringente, ecc. a seconda delle varietà”

Per uso interno, è indicato soprattutto per curare la stipsi cronica (1 cucchiaio a stomaco vuoto prima di colazione), l’infiammazione delle mucose orali (sciacqui) e la gastrite (1 cucchiaino tre volte al giorno prima dei pasti). Si raccomanda sempre di usare olio ottenuto da olive coltivate con il metodo biologico o biodinamico. L’uso esterno dell’olio di oliva ha una lunga tradizione, sia nella cura del corpo, sia nel culto. La cosmesi naturale sta riscoprendo l’olio d’oliva come ingrediente di qualità per lozioni, creme, sieri e gel. L’intero fitocomplesso dell’olio di oliva e in particolare lo squalene lo rende indicato nella cura della pelle delicata, infiammata, screpolata. È un ottimo ricostituente dei capelli quando appaiono sfibrati e opachi dopo l’estate. Ogni due settimane si applica dell’olio di oliva caldo sui capelli e il cuoio capelluto e si lascia agire per almeno due ore.

Con l’olio di oliva si preparano infine i cosiddetti oleoliti, macerazioni oleose di piante medicinali come l’achillea, l’elicriso, l’iperico e la calendula che servono per massaggi, impacchi e preparazioni. Gli oleoliti sono la base dei cosiddetti unguenti, che sono pomate nutrienti e lenitive con oli e cere.

L’olivo caratterizza i paesaggi mediterranei dalla notte dei tempi. Con il suo tronco a volte contorto, pieno di aperture e fratture resiste egregiamente alle intemperie. Dopo una gelata la parte aerea soffre ma prontamente la pianta forma nuovi polloni che si dirigono eretti verso il cielo.

*Siediti ai piedi di un vecchio ulivo per provare la saggezza di una pianta coltivata dalle origini antiche e dalla linfa che scorre tenace per trasformarsi nei frutti in splendido, caloroso e nutriente olio. Scegli di immergerti nella sua chioma bevendo l’infuso di foglie quando senti il bisogno di dare aria, luminosità e fluidità al tuo organismo, ma anche resistenza ad avversità esterne e, soprattutto, più ritmo a tutta la circolazione.

Il Sole caratterizza come pianeti la pianta d’ulivo, Saturno nella sua longevità e Mercurio nella sua qualità riequilibrante. La sua “natura” per gli antichi era “calda e umida”.

“Così, tu che sei in grado di distinguere, dirai che l’olio non è ne caldo ne freddo, come nel caso di un uomo che sia in buon equilibrio.” (GALEN. XI 561 K)

Karin Mecozzi (tratto e ampliato da ARS HERBARIA, piante medicinali nel respiro dell’anno, 2a edizione aggiornata, 2019 Editrice Natura e Cultura.)

Rafforzamento nel periodo di transizione: i semi delle piante

Alla fine dell’estate, la natura ci offre uno dei più misteriosi e potenti doni: i semi delle piante. I semi concentrano la luce, il calore, la vitalità di una specie e la forza di crescita di un’intera primavera e estate. Chiudono un anno vegetale e promettono nuova vita.

Strato dopo strato, il seme cresce nel germoglio del frutto, è legnoso o liscio, grande come una capocchia di spillo o un uovo, rotondo e liscio o gibboso, asimmetrico. Alcuni semi sono profumati se strofinati, altri contengono preziosi oli alimentari (oliva, mandorla, nocciola, mais, ecc.), cosmetici (avocado, noccioli di albicocca), medicinali (olivello spinoso, semi di borragine, cumino nero).

I semi sono l’espressione di ciò che è stato compiuto, che è stato arrotondato ma, allo stesso tempo, ospitano un nuovo germe.

In autunno si raccolgono i semi delle piante, si selezionano, si immagazzinano le scorte e si seminano i semi di cereali per il nuovo anno. Mentre le giornate si accorciano, le foglie e i fiori svaniscono e le erbe si seccano, innumerevoli semi rimangono nel terreno. Chi vive in campagna ha la fortuna di potersi adattare al cambiamento che avviene nelle persone e nella natura a novembre. Giorno dopo giorno, si nota come la vita sembra ritirarsi e le cose diventano più silenziose nella natura. Tra l’elemento Terra e Acqua, che governano questa stagione, l’organismo può dare segnali di disturbo. Può succedere, allora, che si diventa rapidamente stanchi, che la digestione rallenti e che le difese si abbassino. Non si è “malati” ma vale la pena di prestare attenzione ai segnali del corpo e dell’anima. Spesso è utile modificare l’alimentazione, fare più pause e dedicare un po’ di tempo alla contemplazione della natura per armonizzarsi con i ritmi cosmici e terrestri.

Monastero di Fonte Avellana PU

All’inizio dell’autunno, i semi delle piante medicinali sono un aiuto particolarmente prezioso. Rispetto agli altri semi di piante, sono caratterizzati da una grande resistenza: molti semi di piante medicinali devono essere messi a bagno, scarificati o congelati prima della semina per poter germogliare. I semi di piante ombrellifere come il cumino, il finocchio, il coriandolo, l’anice e il cumino nero contengono oli essenziali che aiutano a digerire, alleviano la flatulenza e le coliche intestinali e agiscono anche egregiamente sull’apparato respiratorio, calmando la tosse e il catarro.

In autunno si può preparare un infuso aromatico con i semi di varie piante: ha un effetto benefico sulla digestione e sulla respirazione, è generalmente tonificante e aumenta le difese dell’organismo:

Prepara una miscela di 20 g di semi di finocchio, 20 g di semi di anice, 10 g di galbuli di ginepro, 20 g di semi di rosa canina, 20 baccelli di cardamomo (leggermente aperti), grattugia sulla miscela 2 pizzichi di noce moscata, mescola bene e conserva la miscela in un contenitore di vetro ermetico per non più di 2 mesi, altrimenti gli oli essenziali evaporano. Per 2 tazze, contundi un cucchiaio di miscela in un mortaio e infondi in 400 ml di acqua bollente per 10 minuti. Addolcisci con miele di fiori e sorseggia lentamente, soprattutto a San Martino (11 novembre).
Karin Mecozzi Erborista

Il testo è tratto dal mio articolo in tedesco nel periodico “Ernährungsrundbrief” a cura dell’Istituto di Ricerca e formazione Arbeitskreis für Ernährungsforschung, Bad Vilbel DE, che ringrazio.

Incontri balsamici in autunno: Santoreggia

Incontro ravvicinato con Satureja montana L., presumo si tratti della subspecie “appenninica”. Nel video che trovi sul mio canale (sperimentale!) youtube, parlo brevemente dei suoi poteri disinfettanti e aromatici in cucina. https://www.youtube.com/shorts/Yx1gOuO-j-w

La santoreggia è un’erba balsamica di prima scelta nelle malattie da raffreddamento, come tisana e per applicazioni esterne, tra cui i tradizionali suffumigi. Sacra alla Dea Athene per aumentare le facoltà di pensiero (schiarisce i pensieri, rende più desti) e dell’intelligenza. E’ una pianta tonificante, con una punta di Marte che spinge a superare dubbi e incertezze, debolezza e mancanza di calore.

L’elemento aria per i contenuti aromatici e l’innalzarsi ritmico della parte verde e l’elemento fuoco per i principi pungenti, riscaldanti e disseccanti nascondono un tocco lunare che osserviamo nella dolcezza del fiore, dal bianco al rosa violaceo, ricco di nettare per le api e nell’alto contenuto di clorofilla nelle foglie.

Per due tazze di tisana fumante e balsamica versa 400 ml di acqua bollente su due cucchiai rasi di foglie e fiori essiccati di santoreggia, lascia in infusione per 6 minuti, filtra e dolcifica con del buon miele.

Un oleolito con la parte aerea raccolto in questo periodo conclude la stagione degli estratti grassi e completa l’erboteca famigliare per massaggiare il petto a grandi e piccoli in caso di raffreddore e tosse, articolazioni dolenti o muscoli affaticati e zone attaccate da malattie fungine come le unghie dei diti dei piedi. (Non usarlo su mucose interne, è irritante).

Satureja montana L.

La vite (Vitis vinifera), una delle piante sacre dell’autunno

Come tutte le piante, la specie Vitis ha attraversato molti stadi evolutivi accompagnando fedelmente l’uomo e i suoi modi di vivere nella storia. La vite europea (Vitis vinifera) della famiglia delle Rosaceae giunge nell’area del Mediterraneo sulla via della seta e con i commercianti fenici. La vinificazione, la fermentazione del succo di uva, in antichità non era compito dei contadini ma di persone propriamente incaricate al servizio dei sacerdoti. Il vino serviva al culto: conosciamo le festività del dio Dioniso/Bacco, in cui il vino portava gli uomini a stati di estasi allentando le connessioni dei corpi.

File:Illustration Vitis vinifera0.jpg
Vitis vinifera è coltivata in tutto il mondo; si innestano le varietà su porta-innesti. In Italia, dal novecento, provengono dalla vite americana su cui si innestano varietà selezioniate, vinifere. Questo tipo di moltiplicazione causa gravi problemi e abbassa la vitalità delle piante di vite: il viticoltore oggi è alle prese con malattie virali e fungine, che stanno mettendo in ginocchio grandi zone di produzione. Anche in questo caso, l’agricoltura biodinamica e i suoi strumenti influiscono positivamente sulla vitalità del terreno e delle piante, migliorando allo stesso tempo le qualità gustative e aromatiche dei prodotti finali: del vino e del succo o dell’uva da tavola, ma anche delle foglie e delle gemme che si usano in erboristeria.

La vite come pianta alimentare, cosmetica e medicinale

Vitis vinifera si risveglia con un segno particolare, le “lacrime dell’uva”. E’ un liquido trasparente, vischioso e dolcissimo che indica che la pianta ha ripreso il periodo vegetativo. Per gli antichi era una sostanza altamente curativa e preziosa, la “Lacryma vitis”. Plinio Secondo (23-79 d.C.) la consiglia come rimedio per le malattie della pelle. Santa Ildegarda (1098 – 1179 d.C.) chiama quest’essenza “l’acqua più preziosa della terra” e la nomina nella cura dei disturbi agli occhi ma anche dell’udito e nel mal di testa.   

La vite ha fiori poco appariscenti ma molto profumati che attirano il mondo degli insetti e gli impollinatori, indispensabili per la legatura e la formazione dei frutti, gli acini, in botanica bacche. Il frutto della vite, l’uva, è un potente remineralizzante (potassio e magnesio), contiene zuccheri nobili, flavonoidi (antociani), vitamine A, gruppo B, C. Il succo, oltre ad essere un’ottima bevanda, ha qualità curative nella spossatezza, nell’anemia e come regolatore della pressione sanguigna, inoltre in convalescenza. E’ un blando antiinfiammatorio nelle cistiti. Non è adatto a chi soffre di colite perché soprattutto la buccia degli acini può essere irritante. Il succo applicato esternamente è un disinfettante “pronto per l’uso” in campagna per piccole ferite e abrasioni. Mescolato con la ricotta e la farina d’avena dona lucentezza alla pelle del viso. L’uva essiccata – l’uva passa o sultanina – conserva un’importante parte delle proprietà nutritive ed è perfetta se combinata con noci, nocciole o mandorle.
Dai semi d’uva si spreme l’olio di vinacciolo, che ha un ottimo sapore ed è ricco di polifenoli e acidi grassi polinsaturi. E’ indicato come alimento quotidiano, soprattutto a crudo, come l’olio di oliva, soprattutto se sussistono disturbi alla pelle (eczema, acne).
Dai fiori di vite il Dr. Edward Bach otteneva un preparato per aiutare le persone dispotiche, troppo ambiziose e autoritarie e, in fondo, nevrotiche, e che disprezzano gli altri. Anche la gemmoterapia si avvale delle gemme florali e fogliari, mentre l’erboristeria europea utilizza le foglie per impacchi, per decongestionare gli organi interni. La medicina antroposofica si avvale della vite (foglie) come rimedio per sostenere il fegato. “Hepatodoron”, il rimedio, fu studiato da Rudolf Steiner nel secolo scorso. Combina l’azione della vite con quella della fragola selvatica, entrambe rosacee, piante legate a Mercurio/Giove e a Sole/Luna.

Come anche il frumento, la vite ha una valenza simbolica forte, profonda. Come espressione di salute, fertilità, abbondanza – del “buon vivere” – la vite è riportata su monete, gioielli, dipinti e stemmi di città e casati. Nell’immaginario, la vite è legata al sangue, all’idea di stirpe, di genealogia.

In conclusione, per il periodo che segue l’equinozio d’autunno ti invito a contemplare l’immagine di tre piante che accompagnano l’uomo da sempre: una spiga di grano o di farro, un vitigno e l’albero dell’olivo. Tre piante della cultura mediterranea, legate alla sfera solare, che caratterizzano la cultura dei nostri paesaggi e meritano profondo rispetto.

S. Ildegarda da Bingen, profetessa e visionaria

“ Tieni in ordine il tuo tempio, abbi cura di esso, affinché Viriditas, la Forza Verde, nella quale tu abbracci Dio con amore, non venga attaccata, perché Dio vuole molto bene alla tua anima.”

Hildegard von Bingen, Santa, Dottore della chiesa, 17 settembre

1098 Nasce come decima figlia di Hildebert e Mechthild von Bermersheim, in una famiglia nobile della Franconia, nei pressi di Alzey, non lontano dal fiume Reno. All’età di 6 anni inizia la sua formazione religiosa con la maestra Jutta von Sponheim che la guiderà nei suoi primi anni anche come suora.

1108           a 10 anni, iniziano i lavori del monastero benedettino a Disibodenberg, sulle rovine di un antico monastero. Diventa la casa di monaci e monache (una parte è adibita alla clausura), lavori finanziati dalle famiglie Bermersheim e Sponheim. Nel 1112 Hildegard vi si reca in clausura e poco tempo dopo diventa suora.

A quell’epoca, nei monasteri si praticava un’ascesi durissima. La sua stessa maestra, Jutta, si flagellava, digiunava e si privava della luce del giorno per lunghi periodi. Hildegard lotta fin dall’inizio contro queste pratiche e entra in conflitto con le sue superiori.

1136           a 38 anni, diventa badessa della congregazione, dopo Jutta von Sponheim.

1140           a 42 anni,  nelle sue visioni Hildegard riceve l’incarico da Dio di scrivere tutte quello che riceve nelle sue visioni. L’operato, la vita di Hildegard si basa sulla regola di San Benedetto e sulle Sacre Scritture, e nelle sue visioni dice di non aggiungere nulla di personale. Dirà per tutta la vita di essere semplicemente una tramite della voce di Dio, e non sfrutterà questo dono per creare proseliti intorno a sé.

Non conosce il latino, e dirà sempre di se stessa di essere “ignorante”. In realtà si riferisce le manca l’istruzione latina, che non riuscirà mai a recuperare.

Apprende invece nozioni e conoscenze “moderne” da paesi lontani, forse perché riceve visite da medici e scienziati del periodo, che passano per la Renania, dall’Arabia, Persia, paesi mediterranei, Scandinavia, Spagna ecc. Nonostante questa sua difficoltà con la lingua latina Hildegard diventa una “erudita universale”. Si occupa di spiritualità, etica, medicina, farmacia, musica, poesia

La sua prima opera scritta è “Scivias”, nella quale il monaco Volkmar la sostiene come segretario e scrivano. 8 libri, 35 miniature colorate, artistiche, che illustrano e completano il testo. Anche la consorella Richardis la affiancherà per molti anni nel lavoro culturale e spirituale.

Und ich sprach und schrieb diese Dinge nicht aus Erfindung meines Herzens oder irgend einer anderen Person, sondern durch die geheimen Mysterien Gottes, wie ich sie vernahm und empfing von den himmlischen Orten. Und wieder vernahm ich eine Stimme vom Himmel, und sie sprach zu mir: Erhebe deine Stimme und schreibe also!“ (Esprimo queste cose, a voce e per iscritto, non perché il mio cuore le avesse inventate o perché mi siano giunte da un’altra persona, ma perché le ricevetti dai misteri segreti di Dio, così come le udii e le accolsi dai mondi celesti. E ancora, udii una voce dal cielo, ed essa mi disse: innalza la tua voce, dunque, e scrivi!)

 

Alfabeto: Inventa un -> alfabeto con migliaia di vocaboli e lettere del tutto nuove, compone versi e canzoni, cantate ancora oggi in tutto il mondo. Famose sono anche le immagini che le giungono nelle visioni, che raffigurano sempre la relazione tra uomo-natura-Cosmo/Dio.

Oggi le opere originali sono quasi tutte scomparse, alcune purtroppo durante la seconda guerra mondiale. Esistono però copie in tutta Europa, tra cui alcune autenticate, e nel mondo.

1147           a 49 anni, si rivolge a Bernhard di Clairvaux, chiedendo il suo sostegno nelle sue visioni, ma riceve una risposta diplomatica ma deludente. Ha bisogno di aiuto, si ammala spesso, e si sente in dovere di farsi accompagnare da qualcuno. Papa Eugenio III riconosce il suo dono profetico. D’altro canto diventa lei stessa consulente per persone influenti, politici e medici, anche dell’imperatore Federico Barbarossa, al quale si rivolge in diverse lettere esortandolo a compiere il suo impegno di re ed imperatore, verso il suo popolo, in senso cristiano.

1148                    a 50 anni, Hildegard dà il via alla costruzione del monastero sul Rupertsberg, solo per monache, ma contro la volontà del priore di Disibodenberg. Il nuovo monastero si trova di fronte alla città di Bingen. Negli anni a seguire cercherà con forza di separarsi da Disibodenberg, ma lo otterrà solo nel 1158. Hildegard incontra Federico I, detto Barbarossa, incoronato imperatore a Roma.

1158-1159-1160-1163  a 60 anni, I celebri viaggi per predicare pubblicamente in varie località della Germania e dell’attuale Francia (Alsazia). Contro le eresie e i malcostumi nelle abbazie e nei monasteri, contro i catari. Scrive il Liber vitae meritorum che contiene le 35 virtù e i 35 vizi come cause di malattie dell’anima e del corpo.

Hildegard dà una impronta sociale al suo lavoro, si sente in dovere di lottare per una morale più pulita e per più giustizia e rettitudine. Si appellerà sempre alla “religio”, all’intimo connessione con il Divino, attraverso fede e preghiera. Le consorelle sono esortate a servire il Signore vestendosi di bianco, di ornarsi per le preghiere. Hildegard compone danze e musiche per i momenti liturgici e viene duramente attaccata per questo.

1163 Federico Barbarossa invia una pergamena in cui dichiara che il monastero del Rupertsberg è sotto la sua protezione ed è esente da tasse.

1165           a 67 anni Hildegard acquista il monastero in rovina di Eibingen e lo fa ricostruire. Qui possono vivere anche monache non abbienti. Il monastero esiste tutt’oggi (www.abtei-st.hildegard.de) ed è funzionante.

1171           a 73 anni, quarto viaggio di predicazioni a Maulbronn, a cavallo, Ildegard ha ben 73 anni!

1171 Accade un evento che caratterizza gli ultimi anni di vita della Santa. Il monastero sul Rupertsberg viene interdetto, perché vi viene sepolto un giovane nobile, scomunicato, pentito prima di morire (senza essere però riabilitato ufficialmente). Hildegard lotta perché la salma non sia trasferita, è l’ennesima volta in cui si ribella al volere del vescovo e arcivescovo.

1179           83 anni, finalmente l’interdizione viene sospesa. Hildegard muore il 17 settembre nel suo monastero.

I monasteri di Rupertsberg e Disibodenberg non esistono più (rovine), mentre il monastero Eibingen viene inglobato dalla città (fa parte degli edifici parrocchiali). Il nuovo monastero di Eibingen è sempre un monastero delle monache benedittine, e porta il nome della Santa.

– Curare secondo Hildegard von Bingen –

A quel tempo non esistevano le facoltà di medicina o farmacia sul territorio tedesco. Erano i secoli bui della medicina soprattutto in Europa, mentre in paesi come in Arabia e in Cina si praticavano metodi tradizionali e si continuava a ricercare. I medici provenivano dai conventi, così anche i farmacisti, donne e uomini che guarivano, esperti di erbe, minerali e metalli, soprattutto curavano le levatrici. Il monastero di Rupertsberg era “all’avanguardia”: esisteva una farmacia, una sala per la degenza e la cura dei malati, un laboratorio per la trasformazione delle piante medicinali e la produzione dei rimedi, un ospedale per i viandanti e pellegrini (secondo la regola benedettina), uno spazio per il salasso, una biblioteca con numerosi libri sulla cura.

Hildegard riuscì allora ad unire la conoscenza delle malattie e delle piante secondo la tradizione greco-latina, con la medicina tradizionale tedesca. Sviluppava tuttavia delle convinzioni proprio sull’origine dei disturbi e classificava i rimedi secondo la teoria degli umori (in modo “personalizzato” e difficile da comprendere, oggi). Si presume che fosse a contatto con medici arabi, italiani e spagnoli, perchè introdusse metodi di cura non conosciuti allora in Germania.  Usava per esempio, le pietre semipreziose e i metalli e diede molti consigli di alimentazione.

La base è il pensiero del’unità e dell’insieme: la salute dell’uomo, per Hildegard, dipende da come si rivolge allo spirito, dalla sua fede e spiritualità, dalle sue “buone opere” e da una conduzione di vita sobria. Il principio è che ogni cosa che accade nel mondo delle creature, accade anche nell’uomo.

Hildegard annotò soprattuttto negli anni 1150 le sue visioni*, sia del mondo della natura, piante, animali, pietre, acqua, alimenti ecc., sia dell’uomo, i suoi stati d’animo, le sue preoccupazioni, le malattie, i vizi e le relative virtù. Comprende l’uomo come immerso nella creazione, come microcosmo nel macrocosmo. E’ precursora della cosiddetta visione dello “Homo signorum”, un’immagine raffigurante (“uomo dei segni zodiacali”) in cui le zone del corpo corrispondono ai segni astrologici, e serve al salasso che perdura fino all’ottocento. Questa visione veniva duramente attaccata dalla chiesa cattolica, eppure, soprattutto dopo la traduzione di opere di Tolomeo, l’influsso dell’astrologia sul corpo umano fu studiata sempre più, portando anche all’alchimia dopo il 400 e 500.

* La cosiddetta “Medicina di Ildegarda” è invece una sistema terapeutico costituito nell’età moderna, basata sul sistema di cure ideato da Gottfried Hertzka, medico tedeco, a partire dal 1970. Ha un grande seguito in tutto il mondo, fa parte delle cosiddette “medicina tradizionale europea”.

Dall’elaborazione di D. Manfredi Poillucci: “Oggi, 17 settembre, si festeggia Santa Ildegarda di Bingen. Già negli anni in cui era magistra del monastero di san Disibodo, Ildegarda aveva iniziato a dettare le visioni mistiche, il suo prestigio spirituale crebbe sempre di più, tanto che i contemporanei le attribuirono il titolo di “profetessa teutonica”. Ildegarda si occupò di medicina e di scienze naturali, come pure di musica, essendo dotata di talento artistico. Compose inni, antifone e canti, raccolti sotto il titolo Sinfonia dell’armonia delle rivelazioni celesti, che venivano gioiosamente eseguiti nei suoi monasteri, diffondendo un’atmosfera di serenità, e che sono giunti anche a noi.
Ildegarda è pervasa dall’amore per la natura, che rappresenta il riflesso del suo amore per Dio; osserva le piante, gli alberi da frutto, le erbe, che comincia a ordinare e classificare in base alle caratteristiche, al pari dei migliori ricercatori. Il suo studio e l’attenta osservazione la portano alla creazione di un trattato di botanica, che costituisce una documentazione ancora preziosissima sulle cognizioni e sulle tecniche della medicina popolare del tempo.”

Karin Mecozzi, relazione per docenza su Hildegard von Bingen, Formazione in Botanica e Ecologia del paesaggio ad indirizzo goetheanistico, 2014.

Nota sulle immagini: le due immagini dipinte su indicazione di Ildegarda da Bingen tratte dal sito della Biblioteca statale di Lucca: “Il Codice, proveniente dal Convento dei Chierici regolari della Madre di Dio di Lucca, contiene il Liber Divinorum Operum di Hildegard von Bingen”

Raccolte lacustri, piante ondeggianti e la “croccante misticanza settembrina”

È un mite giorno di settembre, sto raccogliendo erbe commestibili e medicinali in un luogo di grande calma e naturalezza, un prato lungo le sponde di un lago nel cuore delle Marche. Croccanti foglie e fusti di portulaca, cinquefoglie, piantaggine, silene, rucola selvatica, verbena, qualche fiorellino di ginestrino dal giallo intenso che racconta di una stagione di luce che sembra eterna in questa fioritura. Poi, semi di finocchio e i primi frutti maturi del nobile biancospino che amo masticare lavorando, perché sembrano piccole mele dissetanti.

Il capo chino sulle erbe, pensando all’insalata della cena (sotto la ricetta), mi fermo di fronte a un’area incolta. Qui non si sfalcia l’erba e la sponda del lago è incustodita. Affiorano sassi sulla riva ricoperti della sabbia del lago bianca come la cipria. Il movimento delle saeppole canadesi (Erigeron canadensis) ormai sfioriti ma eretti e saldamente ancorati al terreno argilloso mette in musica l’aria tiepida che sfiora la valle e incanta l’anima. Cardi asinini (Cirsium vulgare) dai pappi setosi, cardi lanaioli (Dipsacum fullonum) severi e bruni, piccole bardane (Arctium e poi qualche giovane salice bianco (Salix alba) e pioppo (Populus nigra) e un olmo (Ulmus campestris) dalle foglie verdissime, contorniate. Osservo la scena contro luce ancora china sulle erbette per il cestino. Mi soffermo e mi abbandono all’ondeggiare delle piante non lontane.

Creano un nuovo respiro tra cielo e terra rispetto al praticello di erbe. Loro, le nuove protagoniste della mia curiosità erboristica nel piccolo luogo, saeppole, bardane, salici, cardi, pioppi, olmo e altre, non sono, prese singolarmente, piante vistose né rare. Non si distinguono per fioriture appariscenti come le violette salcerelle più in là o i frutti blu notte d’inverno delle siepi spontanee di prugnolo (….stanno maturando finalmente!).

Ciò che mi invita a stare un po’ con tutti loro è la comunità che formano. Un popolo di piante in un insieme nuovo. La statura delle piante, biennali o pluriennali, e il loro crescere fitto una accanto all’altra nasconde ciò che ora scorgo mentre mi inoltro nell’organismo di erbe e arbusti:
Vedo tronchi di alberi morti, emersi dall’acqua che evapora rapidamente d’estate, adagiati sul terreno ghiaioso. Il legno consunto è argentato, affascinante per la levigatura, ne porto via qualche ramo per appendere collane, orecchini, origami colorati e nastri o per creare “installazioni” tra le mura di casa nelle sere di inverno.

Ed è ora che, alzando lo sguardo, percepisco il coro animato di insetti volanti, moscerini, farfalle, coleotteri, api, bombi. Formano nuvole danzanti con i loro movimenti, anche loro sono diverse specie. Scorgo allora una lunga stradina di formiche nere tra le piante che conduce a delle cortecce in decomposizione. Ne raccolgo un pezzetto e annuso, il mio olfatto si desta e stropiccio le foglioline per sentirne la fragranza. Selvatica, verde, ogni volta diversa.

Scelgo un nome per la piccola area, l’isola delle piante ondeggianti. Lontana dagli sguardi dell’uomo custodisce equilibri – e piante, che mi riprometto di approfondire prossime raccolte. Serenità nel cuore, il viso scaldato dal sole, il cestino ricco di erbe e sensazioni, mi allontano con gratitudine.

Sappiamo stare con le piante, i sassi e gli alberi, è la forza vitale che ci unisce e ci scorre nelle vene.

Croccante misticanza di erbette settembrine (niente dosi: si fa “a occhio”!)

Lattuga o altra insalata verde dell’orto
Foglie giovanissime di bietola
Carote grattugiate
Misticanza di erbe selvatiche che trovi nelle zone lacustri, nei pressi dei fiumi con zone ghiaiose* tra cui portulaca (fusto e foglie), piantaggine (foglie giovani), cinquefoglie (foglie), silene (foglie), rucola selvatica (foglie e fiori), verbena officinale (fusti fioriti), farinaccio (foglie), saeppole (foglie giovani rinate), salcerelle (fiori), ginestrino (fiori)
Una manciata di erbe aromatiche fresche a piacimento come l’ultimo basilico, origano coltivato o selvatico, timo, erba limoncina, melissa, menta, maggiorana, santoreggia, rosmarino giovane tritato finemente, salvia, malva ecc.
Olio evo, succo di limone, anche dell’olio di zucca o di canapa, sale
Semi oleosi come noci, semi di girasole, sesamo, semi di zucca
Polveri di spezie: cumino, curcuma, zenzero

Sciacqua accuratamente le erbe raccolte, pulisci e sminuzza gli aromi, taglia tutto finemente e aggiungi alle foglie di insalata e le carote in una grande ciotola. Prepara la salsa per condire, aggiungi per ultimo le polveri nella salsa, cospargi di semi oleosi e servi freschissima. Per un’insalatona che fa da leone in una giornata di sole di settembre, nelle tue uscite nei paesaggi, aggiungi del formaggio a pezzetti oppure ceci o fagioli.

*raccogli solo in aree pulite, le erbe commestibili possono essere dei concentrati di sostanze benefiche ma anche di inquinanti

Le erbe che ho raccolto: Portulaca (Portulaca oleracea). Piantaggine (Plantago lanceolata o ovata), Cinquefoglie (Potentilla reptans), Silene (Silene vulgaris), Rucola selvatica (Diplotaxis tenuifolia), Verbena officinale (Verbena officinalis), Farinaccio (Chenopodium album), Saeppola (Erigeron canadensis), Salcerella (Lythrium salicaria), Ginestrino (Lotus corniculatus)

Corso di erboristeria “MEDICINA MONASTICA” 13/14.8.2024

Monastero di Fonte Avellana
Serra Sant’Abbondio (PU)

13 – 14 agosto 2024

“Medicina monastica”
Esperienze di erboristeria tradizionale, autoproduzione e osservazione della natura

Corso teorico pratico

a cura di
Karin Mecozzi
Augusta D’Andrassi

Argomenti del corso:
Da Santa Ildegarda a Padre Weidinger: introduzione alla medicina monastica
Le erbe dei pellegrini: ricette e rimedi per camminatori e sognatori –
con parte pratica sull’autoproduzione
Alberi sacri e radure: osservazione ampliata in natura

Il corso è aperto agli interessati in materie erboristiche anche senza conoscenze pregresse. Si richiede uno spirito di dialogo e calma condivisione.

Orari:
Martedì 13.08.2024 15.00 – 19.00
Mercoledì 14.08.24 9.00 – 18.00

Karin Mecozzi, erborista diplomata con qualifiche in medicina tradizionale europea, aromaterapia e naturopatia antroposofica. Raccoglitrice e fitopreparatrice, coltiva erbe officinali in Appennino. Autrice di libri di erboristeria in tedesco e italiano (www.karinmecozzi.com)

Augusta D’Andrassi, dottoressa forestale con specializzazione in fitoterapia e piante officinali, insegnante, guida naturalistica e interprete ambientale.

Iscrizione al corso, prenotazione soggiorno: modalità sulla brochure

Informazioni: Karin Mecozzi karin.mecozzi@gmail.com
Contatto Whatsapp 349 8383231

Leggerezza con una depurazione erboristica “dolce”

In una stagione in cui caldo e freddo si alternano come in una (prima) primavera prolungata l’organismo può indebolirsi: in effetti, adattarsi agli sbalzi dopo l’inverno richiede la “flessibilità di un giunco”! Per chi non l’abbia praticata di recente, per esempio tra febbraio e marzo, questo è ancora un buon momento per un periodo di depurazione “dolce”, con erbe, alimenti, applicazioni esterne e più respiro.

Distinguiamo tra depurazione erboristica tradizionale e il cosiddetto “detox”

Depurazione
Percorso per ripulire e alleggerire l’organismo, neutralizzare acidi nell’organismo, combattere radicali liberi (un tempo definiti “tossine”), preparare e sostenere nella ripresa.

Detossificazione
Cura per eliminare sostanze tossiche (amalgame vecchie, metalli pesanti, candidosi, radioattività), anche in seguito a un consiglio terapeutico.

Alla prima esperienza, non praticare la depurazione da sola, non seguire facili ricette online. Rivolgiti all’erborista, ascolta il tuo corpo nel ritmo delle stagioni, usa cibi, piante medicinali, rimedi, oli essenziali, estratti di qualità.

Calendula arvensis L., estratto idralcolico

Quando hai bisogno di un periodo di depurazione?

Quando è in sovraccarico, il nostro organismo dà dei “campanelli di allarme”:

 stanchezza, mancanza di concentrazione e costanza
 svogliatezza, cattivo umore, irritabilità e nervosismo
 pelle del volto spenta, occhi stanchi, occhiaie, bruciore agli occhi
 pelle molto secca o grassa
 rughe precoci e accentuate
 eccessiva perdita di capelli
 cellulite
 muscoli doloranti
 sudore maleodorante, coaguli nel mestruo, molto muco
 urina acida (misurare il PH per diverse mattine)
 sfoghi, foruncoli, eczemi
 improvvise risposte allergiche ad alimenti, polveri o pollini

La pratica della depurazione aiuta sempre a migliorare la situazione, tuttavia non sostituisce l’accertamento di eventuali malattie. Se i sintomi elencati sono connessi a dolori o disfunzioni persistenti rivolgiti immediatamente al tuo medico.

Fiori di Verbascum per un oleolito

Quando praticare la depurazione erboristica e per quanto tempo

• nei cambi di stagione, soprattutto in primavera e autunno (inizio marzo e inizio settembre)
• in ogni momento dell’anno anche per singoli giorni
• per cicli di una, due o tre settimane con una pausa di 10 giorni tra le settimane
• dopo un periodo di forte stress psico-fisico
• quando il corpo segnala pesantezza e accumulo
• dopo l’assunzione di farmaci ad esempio anticoncezionali, antibiotici
• in menopausa, se senti il bisogno di aiutare il tuo corpo a cambiare
• dopo i 65 anni per restare in forma e sentirsi leggeri
• per migliorare l’aspetto della pelle, contrastare la cellulite
Importante: non iniziare un periodo di depurazione erboristica con un disturbo acuto in corso.

Infine ricorda che DEPURARSI NON E’……

…mangiare di meno per dimagrire, eseguire una dieta drastica
sostituire una sana alimentazione con integratori che promettono di depurare
aspettarsi soluzioni improvvise

** Integra la pratica della depurazione nella tua vita di sempre **

La depurazione erboristica in 7 passi è descritta nel mio libro “VERDE RESILIENZA, ERBORISTERIA PRATICA NEL CAMBIAMENTO” edito da Natura e Cultura Editrice nel 2020. Chiedimi una copia firmata e scrivimi per ogni altra informazione, per consigli sulle erbe da usare e le pratiche più adatte nel periodo prima dell’estate, ad ogni età.